DA DUCHAMP A WEIWEI
Sono passati appena novantanove anni dalla realizzazione della “Fontana”, il ready-made di Marcel Duchamp, opera nota al grande pubblico con l’appellativo di “Orinatoio”, eppure la mentalità di vedere un’opera d’arte diversa da un linguaggio figurativo riconoscibile e rassicurante da allora a oggi non è cambiata poi così tanto. La “Fontana” di Marcel Duchamp rappresenta il momento di maggior provocazione dell’opera dell’artista francese.
Nel 1917 Marcel Duchamp lavorava negli Stati Uniti e proprio in quell’anno, sul modello del Salon des Indépendants, fu creata la Society of Independent Artists. Egli faceva parte del direttivo di quest’associazione. Alla mostra organizzata dal gruppo di artisti, poteva partecipare chiunque, pagando sei dollari, ed esponendo al massimo due opere.
Duchamp pensò bene di esporre in incognito, mettendo in atto la sua provocazione. Presentò alla giuria della mostra un orinatoio firmandolo con lo pseudonimo R. Mutt.
La commissione giudicante non comprese l’oggetto esposto, soprattutto per l’imbarazzo di come considerare la cosa, dunque, la giuria non fece esporre il pezzo.
Una fotografia della “Fontana”, tuttavia, fu pubblicata sulla rivista “The Blind Man”, edita dallo stesso Duchamp, il quale, fingendo di difendere l’ignoto autore dell’opera, scrisse: “Non è importante se Mr. Mutt abbia fatto Fontana con le sue mani o no. Egli l’ha scelta. Egli ha preso un articolo ordinario della vita di ogni giorno, l’ha collocato in modo tale che il suo significato d’uso è scomparso sotto il nuovo titolo e il nuovo punto di vista – ha creato un nuovo modo di pensare quell’oggetto”.
L’orinatoio originale utilizzato da Duchamp andò perduto quando fu smontata la mostra nel 1917. Solo nel 1964 Duchamp autorizzò una replica di quel suo “ready-made” che fu acquistata dal collezionista milanese Arturo Schwarz.
Già qualche anno prima, Marcel Duchamp aveva elaborato in Francia l’idea dei “ready-made”, ma sicuramente delle diverse opere da lui realizzate, “Fontana” rimane di certo il più provocatorio ed irridente al mondo dell’arte. Opera che segna un punto di non ritorno per il mondo dell’arte. Accettare l’Orinatoio di Marcel Duchamp tra i capolavori d’arte significa essere disponibili al gioco ironico del non prendersi mai sul serio. Posizione che è da considerarsi con grande attenzione.
La mentalità di considerare le performances di artisti contemporanei gratuite, furbe e inutili non è poi così cambiata da novantanove anni a questa parte. Utilizzare gommoni, zaini o ruote di bicicletta e non la tradizionale arte figurativa dai nobili materiali, risulta un’operazione esteticamente sconveniente, soprattutto se si va ad intaccare un luogo rinascimentale come Palazzo Strozzi. L’opera di Ai Weiwei rischia di essere considerata come la violazione di spazi e di dignità di un luogo storico dagli integerrimi difensori del rinascimento. La difesa a priori dei valori rinascimentali, senza conoscere la grammatica di un artista contemporaneo come Ai Weiwei, può essere sterile e poco interessante. Penso sempre alla grande lezione di Leonardo da Vinci che diceva: “Nessuna cosa è, che più c’inganni, che ‘l nostro judizio. Il massimo inganno delli omini è nelle loro opinioni. Nessuna cosa si può amare né odiare, se prima non si ha cognizione di quella”. Il genio fiorentino sempre attuale nel suo dire suggerisce di conoscere prima di esprimere un’opinione, a volte però, non si ha l’umiltà di voler capire un linguaggio distante dal nostro. La contrapposizione di “Bello” e “Brutto” non è una vincente soluzione, non dà l’occasione di una crescita intellettuale e culturale oggettiva, appare come un muro alto senza un’apertura, rimanendo esclusivamente in un territorio soggettivo. Forse non sarebbe più interessante far coesistere due realtà differenti, rafforzandole in un’armonica visione?
La facciata rinascimentale di Palazzo Strozzi, seguendo quest’ottica inclusiva, è esaltata e non deturpata dai “Gommoni”, regalando un valore aggiunto all’architettura per il significato che vogliono raccontare. La magnificenza di un cortile quattrocentesco è l’utero che accoglie un’ala di libertà. Ai Weiwei e la sua opera vanno conosciuti innanzitutto e questa mostra a Palazzo Strozzi è una grandissima occasione per farlo, per Firenze e per chi vede e non sa guardare!
Rachel Valle © 2016
Francesca Rachel Valle - Florence Guide
francesca.valle@yahoo.it | Cell. 380 73 85 327